Colpevoli tre minorenni
caltanissetta
«Ha detto: sono incinta di uno
di voi tre. Abbiamo perso la testa»
Le ammissioni dei tre fermati per l'omicidio di Lorena Cultraro, la ragazza di 14 anni uccisa a Niscemi
DAL NOSTRO INVIATO
NISCEMI (Caltanissetta) — Dagli occhi rossi e dalle facce sbiancate di tre balordi cresciuti da bulli conquistatori emerge una verità agghiacciante. Quella del ragazzo che passava per il fidanzato di Lorena e di due suoi compagni adesso sospettati di avere strangolato e affogato la ragazza. Anche perché nella notte la prima ammissione è arrivata: «Abbiamo perduto la testa. L'abbiamo perduta quando ci ha detto "Sono incinta di uno di voi"...». Crollano nella notte in caserma, davanti ai carabinieri. Fra contraddizioni continue. Fino a quando non viene fuori una prima ricostruzione di quel maledetto pomeriggio. Con Lorena che accetta di uscire ancora una volta in compagnia dei tre. Così giurano. Decisi ad allontanarsi dal paese per quella che non sarebbe stata solo una innocente passeggiata in scooter. Lorena con le mani strette al tronco del fidanzato, più grande di lei. E gli altri due sulla loro moto. Fino alla stradella di Vallo Giummarra, fino al casolare di pietra scrostata, rifugio sicuro per spassarsela senza essere spiati. E, mentre il sole già calava fra gli ulivi di campagne abbandonate da contadini mattinieri, Lorena varcava la soglia dell'inferno. «Non era la prima volta », assicura fra i singhiozzi il ragazzotto indicato come il fidanzato che l'ha tradita e che l'avrebbe ceduta agli altri due compagni. Un gioco, giura. Un gioco rodato con quella bambina cresciuta troppo in fretta. «Consenziente», ripetevano i tre fino a tardi sapendo che la povera Lorena non potrà mai contraddirli.
Ma, stando ai loro racconti, ancora da approfondire, la stessa ragazza, dopo rapporti che si sarebbero riproposti come altre volte, avrebbe tirato fuori la frase per i bulli sconvolgente: «Ho ritardi. Io sono incinta di uno di voi. Lo dirò che è stato uno di voi...». Almeno questo ammette uno dei tre, per primo. Con gli altri due stupiti, pronti a negare, poi incerti nella notte che passa senza tornare a casa, trattenuti in caserma dove arriva da Catania il procuratore dei minorenni. «Incinta di uno di voi...». E lo smarrimento si sarebbe impossessato dei tre balordi trasformandosi in una furia assassina. Con Lorena che deve aver capito e tentato la fuga dall'inferno. Con quella controfigura di fidanzato pronto ad avventarsi, ad afferrarla, aiutato dai due «machi » di provincia. Con brandelli di vestiti rimasti strappati fra le loro dita. Compreso un pezzo di reggiseno poi trovato bruciacchiato nel casolare. Come il resto dei jeans e della camicia indossata dalla ragazza. Perché prima l'avrebbero stretta fino a soffocarla. Le mani sul collo come tenaglie. Poi per la paura d'essere scoperti ecco l'idea di fare un gran falò.
Forse di bruciare anche l'amica nell'illusione di cancellare ogni prova. Ma nella galleria degli orrori avrebbero ripiegato sulla tecnica dell'occultamento. Come ammesso da uno dei tre. Raccontando di quel corpo trascinato fino alla gebbia, assicurato con una corda a due massi e poi lanciato a fatica nell'acqua limacciosa. Nel tonfo di quel corpo affossato dal peso delle pietre, debbono aver pensato ai mafiosi sciolti nell'acido, alle lupare bianche, ai cadaveri dei malacarne spariti per faide di mafia. E, certi dell'impunità, davanti al ricomporsi delle acque melmose di una gebbia trasformata in tomba, i tre se ne sarebbero tornati in paese con le loro moto e con un passeggero in meno. Pronti a negare per dodici giorni d'essere mai stati in compagnia di Lorena quel pomeriggio.