Scriveva Platone quasi 1600 anni fa:
PLATONE 427–347 a.C. tratto dal libro 8°paragrafo XIV della “Repubblica”
"Orbene, amico mio dolce, in che modo sorge la tirannide? Non è la smodata sete di libertà, di quella libertà che la democrazia definisce il bene più prezioso, a recare in sé stessa il germe della sua distruzione? Ed invero, quando il popolo si inebria di libertà e non tiene più la misura, e non trova accorti reggitori che sappiano temperarne gli eccessi, allora i governanti, se non siano arrendevoli, vengono tacciati come reprobi e inclini all’assolutismo. E chi osserva e rispetta le pronunce dei magistrati è vituperato e riguardato quale essere servile e di nessun conto; mentre sono lodati ed esaltati quanti, arbitrariamente, si surrogano, nell’esercizio del potere, a coloro che essendone legalmente investiti, non sanno far valere la propria autorità! E la sovversione contagia, altresì, l’ordine delle famiglie. I figli si tengono da pari ai genitori e perdono per loro ogni riverenza o timore; e questi, per debolezza, o per tema di compromettere la quiete domestica, finiscono col subire e col rassegnarsi a tale nuovo stato di cose! I discepoli non hanno più rispetto per i maestri, i quali, per non apparire intolleranti o dispotici, sono larghi con essi di lusinghe e di adulazioni. I giovani trattano da pari a pari coi vecchi, e questi, per non essere o sembrare da meno, adeguano al loro il proprio atteggiamento, dimostrandosi remissivi e condiscendenti. Sorge così la tirannide"