00 29/07/2008 09:34
Insorgono opposizione e sindacati

Dal "Corriere della Sera" di oggi:

Stop al sussidio se non si dimostra di aver lavorato 10 anni. Penalizzate le fasce più deboli, emigrati e sacerdoti

ROMA - Un'altra misura del decreto legge sulla manovra è finito nel mirino di opposizione e sindacati. La contestazione riguarda la norma che pone una stretta sui requisiti per accedere all'assegno sociale. I nuovi criteri, introdotti durante una seduta notturna a Montecitorio, prevedono infatti la residenza continuativa in Italia per almeno 10 anni e la necessità di dimostrare, sempre negli ultimi 10 anni, di aver lavorato e versato contributi per ottenere l'assegno. La legge attualmente in vigore, incece, prevede che possano richiedere l'assegno sociale i cittadini italiani (e i cittadini Ue o extracomunitari con permesso di soggiorno) oltre i 65 anni a prescindere dal versamento dei contributi.

«COLPITI ANCHE ITALIANI PIU' POVERI»- La nuova misura, sostiene l'opposizione, non colpirà solo gli extracomunitari ma anche gli italiani delle fasce più deboli, ad esempio casalinghe, religiosi, emigrati. «Con un colpo di mano notturno e senza alcuna possibilità di discussione, la maggioranza ha cancellato di fatto e in un solo colpo 800 mila assegni sociali», dichiara il deputato del Partito democratico Luigi Bobba. «Gli emendamenti all'articolo 20 del decreto legge sulla manovra economica, votati dalla maggioranza, azzerano nella pratica la platea di quanti, casalinghe, lavoratori in nero, disoccupati, religiosi missionari, emigrati che rientrano in Italia, avendo superato i 65 anni d'età e non percependo alcun reddito, avevano fino ad oggi beneficiato di un minimo sostegno assistenziale, come tra l'altro sancito dall'articolo 38 della Costituzione», sottolinea Bobba.

CISL, «SNATURATA LA PRESTAZIONE» - Contraria anche la Cisl, che chiede al Parlamento di intervenire per modificare la misura. «La Cisl è contraria alla norma, contenuta nella legge finanziaria, che vincola il diritto all'assegno sociale ad un periodo continuativo di lavoro di 10 anni», dichiara in una nota Giorgio Santini, segretario confederale della Cisl. «L'introduzione di tale requisito di fatto determinerebbe la conseguenza paradossale che proprio le fasce più deboli della popolazione potrebbero non beneficiare di questa provvidenza. Ma soprattutto si va a snaturare la prestazione, che si trasformerebbe da assistenziale in previdenziale, modificando l'obiettivo stesso dell'assegno», aggiunge il sindacalista.

ACLI, «MODIFICA MALDESTRA E INGIUSTA» - Le Associazioni cristiane dei lavoratori italiani (Acli) chiedono al Parlamento di ritornare sui propri passi. «Dal 1° gennaio 2009, salvo interventi correttivi del Senato, casalinghe, frati, suore e molti altri cittadini italiani non riceveranno più l'assegno sociale che fino ad oggi gli veniva riconosciuto dall'Inps come assistenza in caso di redditi particolarmente bassi». «Si tratta di una modifica maldestra oltre che ingiusta» introdotta dalla Camera in sede di conversione del decreto legge 112. «Il Governo aveva proposto una prima modifica introducendo il requisito aggiuntivo del soggiorno legale, in via continuativa, per almeno cinque anni nel territorio nazionale. Serviva per evitare la concessione dell'assegno sociale agli extracomunitari ricongiunti alla famiglia». Ma la Camera, proseguono, «è andata oltre e ha stabilito che l'assegno potrà essere concesso in futuro solo a chi, oltre a far valere i requisiti di età e di reddito, dimostri di aver 'soggiornato legalmente e lavorato legalmente con un reddito almeno pari all'importo dell'assegno sociale, in via continuativa, per almeno dieci anni nel territorio nazionale'».

AZZOLLINI, LIMITI ASSEGNO SOCIALE SOLO PER IMMIGRATI - Il presidente della commissione Bilancio del Senato, Antonio Azzollini, spiega invece che i limiti per l’accesso all’assegno sociale non riguardano i cittadini italiani, ma solo gli immigrati. «La norma - afferma - pone come condizione accanto al soggiorno da almeno 10 anni, la produzione di reddito legale da altrettanto tempo. La norma, quindi, non riguarda i cittadini italiani, che hanno cittadinanza, residenza e domicilio, ma non certo soggiorno nel nostro Paese». L’obiettivo del governo non è quindi quello di negare l’assegno alle casalinghe e agli altri beneficiari italiani. «La lettura della legge - sottolinea Azzollini - esclude questa ipotesi e certo anche lo spirito della legge la esclude».


28 luglio 2008(ultima modifica: 29 luglio 2008)